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Lavoro dipendente

Il lavoro dipendente o subordinato è la forma di lavoro più comune, utilizzata per accedere al mercato del lavoro.
Può essere definito come l'attività che la lavoratrice o il lavoratore svolgono alle dipendenze di un ente o un'impresa previa retribuzione, previa la stipula di un contratto di lavoro, che definisce diritti e doveri di entrambe le parti.
I contratti di lavoro sono regolamentati dalla legge, che definisce diritti/doveri validi per i lavoratori e i datori di lavoro di qualsiasi settore lavorativo.
Le forme contrattuali attualmente previste dalla legge sono elencate e descritte nel seguente documento:
I contratti di lavoro previsti dalla legge vengono poi integrati dai contratti collettivi nazionali del lavoro (Ccnl), che vengono stipulati tra le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati, per garantire medesime condizioni di lavoro nell'ambito dello stesso settore di attività (es. contratto del commercio, contratto dei metalmeccanici, contratto dei chimici ecc....).
I Ccnl, infatti definiscono elementi quali, le ferie, le festività, i trattamenti mutualistici, gli orari, la suddivisione dei livelli professionali e le relative paghe.
Sul sito del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel) è possibile visionare l'Archivio Nazionale dei Contratti e degli Accordi collettivi di lavoro e conoscere i dettagli dei Ccnl:

Contratti collettivi e pari opportunità

Il panorama contrattuale italiano è molto variegato per quel che concerne la tutela e la disciplina delle pari opportunità. Diversi sono gli strumenti contemplati e molte sono le iniziative dirette a rendere concreti i principi di pari opportunità nell'accesso al lavoro, nelle condizioni di impiego, nella formazione professionale e nelle progressioni professionali.
Quasi ogni contratto contiene dichiarazioni di principio sulla rilevanza che il tema ha dal punto di vista sociale ed economico e sulla necessità che vadano ulteriormente rafforzate le condizioni per una sempre più significativa presenza delle donne nel mondo del lavoro.
Le strade indicate per il raggiungimento dell'obiettivo sono alquanto diversificate.
Si passa, infatti, dal puro e semplice richiamo alla normativa in materia, all'impegno assunto direttamente dalle parti contraenti senza che siano contemplati strumenti di alcun genere, alla previsione, in alcuni casi, di Gruppi di lavoro/Comitati/Commissioni nazionali, Commissioni/Comitati territoriali/aziendali i cui compiti, finalità e funzionamento sono oggetto di dettagliate disposizioni contrattuali.
Pochissima attenzione è posta a questioni di fondamentale importanza quali quelle del reinserimento lavorativo delle donne dopo l'assenza per maternità, della salvaguardia e/o recupero della loro professionalità dopo una lunga assenza, della individuazione di servizi sociali di supporto a lavoratori e lavoratrici con figli.
Per avere le idee chiare sui propri diritti di lavoratrice e di lavoratore, per conoscere la legislazione che regola le varie forme di lavoro, è consigliabile, data la complessità della materia, rivolgersi alle organizzazioni sindacali e ai loro patronati.

Il lavoro dipendente nella P.A.

La pubblica amministrazione è uno dei settori lavorativi in cui la presenza femminile risulta più consistente, superando in molti casi anche quella maschile.
Tra i fattori che favoriscono tale presenza vale la pena di ricordare da un lato i criteri di accesso, caratterizzati da maggiore standardizzazione e da un minor grado di arbitrarietà rispetto ad altri contesti lavorativi, dall'altro i modelli di organizzazione del lavoro, che offrono maggiori opportunità di conciliare la vita lavorativa con gli impegni familiari.
Per queste ragioni la pubblica amministrazione è spesso stata considerata come una sorta di approdo privilegiato per l'occupazione femminile, quasi un'isola felice, capace di garantire ai propri dipendenti una serie di tutele non fruibili in mercati meno protetti.
In realtà se oggi applichiamo all'analisi dei contesti organizzativi pubblici un'ottica di genere, la situazione non appare così rosea e sembra invece richiedere un profondo ripensamento delle configurazioni organizzative dominanti.
Un primo dato evidente riguarda il permanere dell'asimmetria tra uomini e donne nei ruoli decisionali e dirigenziali: se le donne sono pari o anche numericamente superiori agli uomini nelle posizioni di base e in quelle intermedie delle gerarchie organizzative, sono ancora ampiamente sottorappresentate nelle posizioni apicali.
Un secondo elemento da sottolineare è legato al tipo di cultura organizzativa che caratterizza molte organizzazioni del settore pubblico che, se da un lato consente un più agevole ricorso a strumenti di conciliazione, come ad esempio il part-time o il congedo parentale, dall'altro penalizza tali pratiche in termini di opportunità di sviluppo e crescita professionale. Un orientamento che è fortemente basato sulla centralità nei sistemi premianti del criterio della presenza temporale, piuttosto che su quello dell'efficacia e del raggiungimento degli obiettivi.
Un terzo aspetto riguarda il subtesto di genere che connota la maggior parte delle politiche di conciliazione, che vedono le donne come principali destinatarie, generando così il paradossale effetto di rinforzare la tradizionale divisione dei ruoli.
Un'ulteriore questione, sempre più rilevante, riguarda il crescente utilizzo nel settore pubblico di lavoratori atipici, fenomeno che coinvolge in misura prevalente la componente femminile e che dà luogo ad una stridente polarizzazione tra soggetti tutelati e lavoratori precari, ridefinendo anche i termini della riflessione sulle pratiche di carriera e di conciliazione.

Pubblica Amministrazione e pari opportunità

Per l’attuazione del principio di pari opportunità nella pubblica amministrazione l’art. 21 della legge n.183 del 4 novembre 2010 entrata in vigore il 24 novembre recante “Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e controversie di lavoro” prevede, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge (e quindi dal 24 novembre 2010), la costituzione del Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni. Il Comitato unico sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i Comitati per le pari opportunità e mobbing costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni.
Tale organismo mantiene la composizione paritetica dei precedenti ed è formato da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello di amministrazione e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione.
Il Comitato ha compiti:
  • propositivi è, quindi, competente a proporre agli enti le misure antidiscriminatorie e di garanzia della parità considerate opportune;
  • consultivi le amministrazioni hanno l’0nere di consultare il comitato per verificare l’impatto che gli atti organizzativi e datoriali possono avere sulle pari opportunità;
  • di verifica ed opera in collaborazione con la consigliera o il consigliere di parità.
Le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate dalle Linee guida contenute nella direttiva firmata il 4 marzo 2011 dai ministri per la Funzione pubblica e per le Pari opportunità.

Direttiva interministeriale sulle Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche

Il 23 maggio 2007 il Ministro per le riforme e l'innovazione nella Pubblica Amministrazione, Luigi Nicolais, e la Ministra per i diritti e le pari opportunità, Barbara Pollastrini, hanno firmato la direttiva sulle Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche (Gazzetta Ufficiale n. 173 del 27 luglio 2007).
Questa direttiva rappresenta un evento importante che intende rimediare alle leggi troppo spesso disattese per la mancanza di una cultura della parità. E' destinata ai responsabili del personale e ha come obiettivo quello di diffondere la piena attuazione delle disposizioni vigenti nonché aumentare la presenza delle donne in posizioni apicali, sviluppare politiche per il lavoro pubblico, pratiche lavorative e culture organizzative di qualità con l'obiettivo di valorizzare l'apporto di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori delle amministrazioni pubbliche.