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Maternità e discriminazioni

La maternità risulta ancora fonte di diverse pratiche discriminatorie ed è ancora la causa principale dell'abbandono del lavoro da parte delle donne. Il principale motivo dell'abbandono è il doversi occupare direttamente dei figli.
Diverse forme di discriminazioni di genere, l'esclusione, per esempio, delle donne da progetti importanti, la richiesta, più o meno velata, dei datori di lavoro che invitano a posticipare la scelta di maternità, comportamenti a vario titolo scorretti di questi ultimi, attestano che in Italia la maternità viene ancora percepita come un fatto privato a cui non viene riconosciuto, al di là delle enunciazioni di principio, un valore sociale.
Il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e paternità, Decreto Legislativo n. 151 del 2001, attualmente in vigore, armonizza e coordina tutta la precedente legislazione riguardante i diritti dei genitori che lavorano come subordinati, sia nel settore pubblico che in quello privato, autonomi, liberi professionisti e tutti i "nuovi lavori".

Divieto di lavoro notturno e nocivo

Prima della nascita la legge si prefigge l'obiettivo di salvaguardare la salute di mamma e bimbo, impedendo che la gestante svolga lavori a rischio, faticosi e pericolosi o turni di notte (dalle 24 alle 6).

Divieto di licenziamento

Il divieto di licenziamento opera dall'inizio del periodo di gravidanza e si conclude al compimento di un anno di età del bambino/a.
In caso di licenziamento la lavoratrice ha diritto ad essere reinserita nel proprio posto di lavoro mediante presentazione, entro novanta giorni dal licenziamento stesso, di idonea certificazione dalla quale risulti lo stato di gravidanza all'epoca del licenziamento.
La suddetta disciplina si applica anche al padre lavoratore che usufruisce del congedo di paternità e alle lavoratrici affidatarie o adottive e decorre dalla data dell'effettivo ingresso del bambino/a in famiglia.
Inoltre è nullo il licenziamento, intimato anche successivamente al compimento dell'anno di età del bambino, che sia stato causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per malattia del bambino.
Il divieto di licenziamento non viene applicato nel caso di: colpa grave della lavoratrice; cessazione dell'attività dell'azienda; ultimazione della prestazione lavorativa per la quale la lavoratrice è stata assunta; risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine; esito negativo nel periodo di prova.
Nei casi in cui il licenziamento è consentito e la risoluzione del rapporto di lavoro si verifichi durante il periodo di astensione obbligatoria o obbligatoria anticipata, la lavoratrice ha ugualmente diritto all'indennità di maternità per l'intero periodo.

Divieto di sospensione

Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice o il lavoratore non possono essere sospesi dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essi sono addetti.
La lavoratrice o il lavoratore non possono altresì essere collocati in mobilità a seguito di licenziamento collettivo, salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda.

Dimissioni

In caso di dimissioni volontarie, presentate durante il periodo per il quale è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre e il lavoratore padre che abbiano usufruito del congedo di maternità o paternità hanno diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali in caso di licenziamento (indennità di preavviso). Le dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino/a, devono, comunque, essere comunicate dagli interessati al Servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio che deve convalidarle.
A questa convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.
In caso di dimissioni volontarie, le lavoratrici o i lavoratori non sono tenuti al preavviso e hanno comunque diritto alle indennità previste per il licenziamento (indennità di mancato preavviso).

Diritto al rientro

La lavoratrice e il lavoratore al rientro sul luogo di lavoro dopo il congedo di maternità o paternità mantengono i medesimi diritti previsti al momento della richiesta del congedo, ovvero hanno diritto a conservare il posto di lavoro, a svolgere le stesse mansioni e rientrare nella stessa unità produttiva. Tali diritti vengono garantiti anche negli altri casi di congedo, di permesso o di riposo della lavoratrice e del lavoratore